Lee Hyeon-bae, artigiano della terracotta

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Choi Bong-hee, moglie di Lee, sostiene sempre il marito, specialmente quando è frustrato a causa del lavoro.

C

hi vive del proprio lavoro con la terra tende a essere semplice. Secondo un detto popolare, si raccoglie quello che si semina e si dice che la terra non mente. La terra restituisce quanto le si dà in sudore e cura nel lavorarla e resta stoicamente al proprio posto.

Gli onggi, le giare e i vasi di terracotta marrone scuro che i coreani usano per far fermentare e per immagazzinare le cibarie, sono il prodotto di persone che sono vissute in comunione con la terra, oltre che con le leggi e l'ordine della natura.

Nei tempi preistorici, un gruppo di persone cominciò a vivere come una comunità in un'area collinosa non lontano dalla riva di un fiume. Lavoravano la terra fertile, seminavano i semi e raccoglievano le granaglie che maturavano sotto la pioggia e il sole. Per immagazzinare le granaglie mietute, raccoglievano della creta dalla terra su cui vivevano e la impastavano, dandole la forma di vasi e poi la cuocevano sul fuoco. La storia della terracotta è nata così, dalle terraglie con decorazioni a pettine, mentre la storia dell'onggi si è evoluta anch'essa da queste origini.

Il termine onggi (옹기 ) si riferisce sia alle ceramiche invetriate che a quelle non invetriate. La ceramica non invetriata è fatta con la creta e poi cotta al fuoco. Chiamata anche terracotta, ha una superficie opaca, con una struttura rozza e ruvida. La ceramica invetriata, invece, viene lasciata asciugare all'ombra e poi, prima di essere cotta al forno, viene ricoperta con una vernice vetrosa fatta di ceneri di foglie, paglia e legno bruciato. L'invetriatura fa brillare la ceramica e ne rende la superficie liscia e dura.

Non si sa esattamente quando l'onggi sia entrato a far parte della vita coreana di ogni giorno, ma si pensa che sia stato in uso attorno al periodo dei Tre Regni (1º secolo a.C. - 7º secolo d.C.) e che si sia sviluppato dalle terrecotte dei tempi preistorici, diventate via via più durature e leggere. Nella Storia dei Tre Regni (Samguksagi 삼국사기 ) è scritto che il 31º re di Silla, Sinmun (r. 681-692), inviò regali di nozze composti di riso, vino, olio, miele e salsa di soia alla sua promessa sposa, il che suggerisce l'uso di vasellame di ceramica onggi. Un dipinto di una tomba del terzo secolo del regno di Koguryŏ illustra del vasellame simile alla ceramica accanto a un pozzo.

Durante i periodi Koryŏ (918-1392) e Chosŏn (1392-1910) furono fatti progressi rivoluzionari nelle ceramiche coreane con lo sviluppo di oggetti come i celadon (ch'ŏngja 청자 ), le porcellane grigio-azzurre (punch'ŏng 분청 ) e le porcellane bianche (paekcha 백자 ). Ciononostante per l'uso quotidiano venivano ancora prodotte le terraglie onggi. L'onggi è quindi la forma coreana di terracotta usata più a lungo, dall'antichità fino ad oggi. I coreani si sono nutriti per secoli con cibi del tipo della pasta di soia (toenjang 된장), salsa di soia (kanjang 간장) e cavoli e rape in salamoia (kimch'i 김치), per i quali i recipienti onggi sono essenziali per la loro fermentazione e conservazione, tanto da diventare i contenitori tradizionali comunemente più usati.


Alcuni lavori di Lee Hyeon-bae

Tuttavia negli ultimi anni, con l'arrivo dell'industrializzazione e della modernizzazione, la richiesta di onggi è notevolmente calata. Contenitori di plastica e di acciaio o porcellane prodotte in massa sono stati favoriti rispetto all'onggi per l'uso quotidiano. Come risultato, i forni per onggi si sono andati chiudendo l'uno dopo l'altro. Tuttavia, i fuochi dei forni non si sono completamente estinti: pochi individui dell'ultima generazione di artigiani che hanno creato onggi per tutta la vita mantengono ancora viva la tradizione, assieme a un ristretto gruppo di persone che sono state catturate dalla sua brillantezza e bellezza uniche.

Sonnae è una località montana remota, situata nella zona di Paegun-myŏn, Chinan-gun, nella regione Chŏllapuk-to. Questo è stato un villaggio dove si sono andati producendo onggi per centinaia d'anni. Secondo i principi della geomanzia, il villaggio ha la forma di un calderone di ferro, da cui il nome Sonnae, che viene dal termine sot (), che significa appunto “calderone”. Fino agli anni 1970 era un tipico villaggio onggi con circa 200 persone, 30 famiglie, che producevano onggi per vivere. Oggi vi si possono ancora trovare sparsi in giro numerosi cocci e frammenti di vasi, a testimonianza del fatto che il villaggio era effettivamente il centro della produzione di onggi.

Il villaggio di Sonnae possiede le condizioni ideali per la produzione di onggi: abbondanza di creta e densi boschi di pini, la cui legna è necessaria per alimentare il fuoco dei forni.

Ma oggigiorno il villaggio esiste solo di nome dal momento che quasi tutte le famiglie se ne sono andate via. Quando la diminuita richiesta di onggi ha portato la produzione a fermarsi, le famiglie furono costrette a lasciare Sonnae che non ha terra adatta per l'agricoltura. Ma in questo villaggio è allora arrivato un “giovane” di nome Lee Hyeon-bae a riaccendere i fuochi dei forni per onggi ormai abbandonati e in rovina.


Lee crea le proprie opere alla maniera tradizionale, sulla ruota da vasaio

All'età di 40 anni, Lee è ancora giovane come maestro di onggi. Nato non lontano da Sonnae, il più giovane di due fratelli e tre sorelle di una famiglia povera senza terra propria, mentre i genitori lavoravano duramente nei campi altrui, Lee era a volte così affamato da desiderare di mangiare le pareti di terra della propria casa. In realtà non c'era altro da mangiare, ma Lee aveva un gusto particolare per la terra che lo portò a sviluppare un profondo interesse per l'agricoltura. Dopo essersi diplomato alla scuola superiore, si iscrisse al College internazionale di amministrazione dell'Università Kyung Hee perché voleva imparare a conoscere i prodotti della propria terra natale.

E tuttavia l'università si dimostrò un'esperienza completamente diversa da quanto aveva previsto. Il College non gli insegnava quello che lui voleva imparare a proposito della produzione e della lavorazione dei prodotti agricoli coreani. Dopo aver esitato per un po' di tempo, decise di assentarsi per un anno dalla scuola e di lavorare in un negozio di rigattiere per guadagnare il denaro necessario per completare la propria istruzione.

Qui fu dove nacque in lui l'interesse per l'onggi. Lee si sentì fortemente attratto dagli onggi che era solito portar via dai terrazzi in cui si custodivano le giare delle salse nelle case che visitava. Tutte diverse per forma e colore, con una grazia e una bellezza naturale, sentiva che queste giare lo ispiravano mentre le maneggiava. Alla fine arrivò a pensare che avrebbe voluto un giorno riuscire a fare una di quelle terrecotte con le proprie mani. Ma allora non sapeva neppure come fosse fatto un forno per onggi.

Dopo essersi diplomato dal College, fu assunto come cuoco all'Hotel Hilton a Seul dove svolgeva le mansioni di cioccolataio. Dopo il lavoro, con la vaga speranza che un giorno avrebbe prodotto i propri onggi, studiava scultura in legno e modellazione. Così facendo, divenne sempre più attratto dall'arte del vasaio a causa della propria sensibilità verso la creta.

Nella primavera del 1991 lasciò il lavoro, mettendo così fine a dieci anni di vita a Seul. Con l'intenzione di realizzare il sogno della sua infanzia, di vivere della terra, si diresse verso i forni da onggi di Chinggwang-ri nella regione Chŏllanam-do. Là andò a trovare Park Na-seop, un autentico maestro di onggi, che allora era probabilmente l'unica persona rimasta che usasse ancora la vetrificazione naturale della terracotta. Mentre lavorava in un forno che faceva parte di un centro di cultura tradizionale fatto funzionare dalla rivista Ppuri kip'ŭn namu (“Un albero con le radici profonde”, inizio di un'antica poesia), Park aveva reso famosi gli onggi di Chinggwang-ri, tanto da ricevere, nel 1986, il premio del Primo Ministro alla Mostra artigianale di Chŏnsŭng.

Per due anni Lee visse a Chinggwang-ri dedicando tutte le proprie energie all'apprendimento dell'arte della produzione degli onggi. Anche se si era accordato col proprio datore di lavoro che avrebbe ricevuto 200.000 won al mese, le vendite di onggi andavano così male che finì per vivere dell'indennità di buonuscita dal lavoro che faceva all'hotel. E tuttavia, nonostante le privazioni, Lee trovava che lavorare alla creazione degli onggi era una cosa che lo rendeva euforico. Fu un tempo felice per Lee, che accoglieva e tesoreggiava i disegni che il suo maestro gettava via.


Semplicità e un senso di cose familiari emanano da questa teiera e dal recipiente per i dolci tradizionali

Dopo aver completato gli studi a Chinggwang-ri, nell'aprile del 1993, venne a sapere che c'era un villaggio dedicato alla produzione di onggi nelle alture di Chinan, vicino al proprio villaggio natio, e questo lo portò al villaggio di Sonnae. In questa specie di città fantasma, dalla quale tutti i grandi maestri di onggi se ne erano andati da tempo, Lee comprò una capanna con le pareti di fango per tre sacchi e mezzo di riso prestatigli dalla propria famiglia. Un giorno dopo l'altro, lottando con la ruota da vasaio per fare onggi in questo desolato villaggio di montagna, Lee sperimentò l'esaurimento e la disperazione. Ma in tutto questo tempo sua moglie, Choi Bong-hee, fu il suo supporto irremovibile. Compagna di classe fin dalla scuola media, Choi aveva abbandonato una vita invidiabile in città per seguire quieta il marito nella sua ricerca personale. Oggi ella si presenta con l'aria modesta e generosa di una donna di casa di campagna. Sarà a motivo della lealtà della moglie o grazie all'abilità nel lavoro acquisita a così caro prezzo, fatto sta che oggi i lavori di Lee sono ricercati da molte persone, in Corea e all'estero. Molte gallerie d'arte hanno invitato Lee a presentare mostre di onggi usati per scopi diversi, mentre un supermercato a Seul ha preso contatto con l'artigiano con l'offerta di creare un negozio di onggi per lui nei propri locali. Inoltre, un numero crescente di persone sta prendendo lezioni da Lee per imparare l'arte di produrre gli onggi, e così oggi egli viene spesso chiamato “maestro”.

Tutto ciò dimostra che la gente ha finalmente riconosciuto le capacità artistiche di Lee e ha apprezzato la tenacità del suo spirito. Tutte le volte che rilascia un'intervista, Lee dice di temere che vengano usate frasi roboanti per descriverlo. Semplice e di buona indole, dice che queste parole lo imbarazzerebbero. Ma, più di ogni altra cosa, Lee è un produttore di onggi che mantiene costanti i valori. In realtà, si può dire che Lee è la persona che oggi ha il più grande amore e la maggiore comprensione dell'onggi in Corea.

Lee aderisce senza compromessi ai metodi tradizionali della fabbricazione degli onggi, anche se questi procedimenti sono scrupolosi e portano via molto tempo. È convinto che questo sia l'unico modo per creare un onggi degno del suo nome. Per fare un onggi proprio come veniva prodotto in passato, lo si deve fare con la creta che si trova in tutta la Corea e lo si deve vetrificare con la vernice vetrosa naturale che si ottiene dall'argilla grassa e dalla cenere, e inoltre deve conformarsi alle forme tradizionali.

Per Lee il processo di fabbricazione dell'onggi nel modo tradizionale inizia con lo scavare la creta nelle colline. Questa viene poi distesa su un campo all'aperto e lasciata esposta agli elementi atmosferici per vari mesi.

La creta viene poi impastata, pigiata con i piedi e pestata, in modo da farle formare un grosso mucchio. Viene poi pareggiata con una lama, un po' come si pela la frutta, per liberarla dagli elementi estranei. Dopo che questo procedimento è stato ripetuto varie volte, le particelle di sabbia più grandi sono state rimosse e restano solo quelle più piccole. Se non si tolgono i granelli più grandi, c'è il pericolo che si formino durante la cottura delle cavità che potrebbero far esplodere l'onggi. Al contrario, i granelli di sabbia più fini rendono più duraturo il vasellame e formano piccoli fori che permettono all'onggi di respirare.


Sono quasi dieci anni che Lee si è stabilito nel villaggio di Sonnae. Il mucchio di giare e vasellame accatastato nel cortile testimonia il lavoro che sta portando avanti

Dopo che la creta è stata preparata, viene posta sulla ruota da vasaio e fatta girare per creare la forma originale. Viene prima fatta la base dell'onggi, poi si fanno dei lunghi rotoli di creta e questi vengono avvolti a spirale sopra la base. Dal momento che la ruota viene fatta girare col piede, sono le mani che danno la forma essenziale. Quando l'onggi inizia a prender forma, l'interno viene lisciato a mano con un piccolo disco di legno piatto, mentre la parte esterna viene attentamente ripassata con uno strumento di legno per renderne uniforme la superficie. Per dare forma alla bocca dell'onggi viene usata una striscia di cuoio.

Gli onggi finiti vengono poi portati nel forno. Il passo successivo, quello della regolazione del fuoco nel forno, è la fase più difficile e importante del processo di produzione dell'onggi. La vita dell'onggi dipende da come il fuoco viene mantenuto. Prima il fuoco viene acceso e mantenuto a bruciare per due giorni e due notti per togliere tutta l'umidità dall'interno del forno. Poi la legna da bruciare viene posta in ciascuna apertura in modo da essere certi che il fuoco scaldi in modo uniforme tutto il forno. Quando l'interno del forno è caldo come un forno fusorio, l'invetriatura comincia a fondere e l'onggi viene fatto cuocere finché diventa di un bel marrone rossiccio. A questo punto, per impedire che l'aria fredda penetri all'interno, si chiudono tutte le aperture e si lascia che il fuoco si consumi e si spenga naturalmente. Il forno viene lasciato raffreddare per tre giorni, dopodiché l'onggi viene tolto dal forno, lucido e splendente. Però non tutti gli onggi che escono dal forno sono intatti: alcuni ne escono deformati o incavati. Come in natura, ve ne sono alcuni più belli e altri meno.

La filosofia di Lee al riguardo degli onggi è abbastanza particolare. Per lui è più importante che l'onggi sia in grado di “respirare”, piuttosto che essere bello. Oggigiorno si vuole che il vasellame sia snello come le persone. Però le giare di terracotta del passato che si vedevano sulle terrazze per il vasellame delle salse erano più panciute e possono sembrare oggi poco raffinate, ma quello era del vasellame caldo che viveva e respirava. Anche se era semplice e poco decorato, rispondeva esattamente allo scopo per cui era stato costruito. Questo è il suo modo di vedere le cose e questa è la filosofia che mette in pratica nelle proprie creazioni.


Tratto da “Lee Hyeon-bae, A Quest for Life-breathing Onggi”, in Koreana, vol.16, n.1, primavera 2002. Testo originale di Lee Hyoung-kwon. Pubblicato con autorizzazione della Korea Foundation, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: Koreana.

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© Valerio Anselmo