I coreani e i fiori

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i dice che in Corea vi siano sempre dei fiori tutto l'anno, grazie al clima continentale del paese che ha quattro stagioni distinte. Le azalee sono i rappresentanti dei fiori primaverili, le peonie dei fiori estivi, i crisantemi dei fiori autunnali e l'albicocco giapponese dei fiori invernali. In particolare i fiori primaverili, che fioriscono dopo un lungo inverno, trasformano l'intero paese in uno spettacolo di colori. La gente, che è rimasta in casa per tutto il lungo inverno, non perde tempo e si sparge per i campi, le colline e le vallate ad assaporarne la fragranza.

Azalee in fiore

Quelli che non sono ancora soddisfatti, tengono nel terzo mese lunare dei raduni floreali durante i quali vengono offerti dolci di fiori, fatti di riso glutinoso, con petali di azalee posti sopra a mo' di decorazione e fatti cuocere durante le gite sulle colline o nelle vallate. In men che non si dica ne scaturiscono dei canti, e i gesti felici delle mani, delle spalle e delle gambe diventano lenti movimenti di danza. Questa pratica di mangiare dolci di fiori viene chiamata kkottarim (꽃따림), che significa all'incirca “cogliere i fiori”.

Intanto i bambini passano il tempo raccogliendo i fiori, succhiandone i petali e divertendosi a sentirne il profumo. Giocano anche a una specie di tiro alla fune, legando fra loro due gambi di fiori e tirando per vedere quale dei due gambi si rompe per primo: chi perde di solito sconta una penitenza. Legano anche i fiori su dei lunghi bastoni e corrono in giro sollevandoli per aria in quella che è nota come la “gara dei bastoni di fiori”. Nel frattempo le ragazze fabbricano anelli con violette e trifoglio, mentre si colorano di rosso le unghie delle mani con una pasta di petali di balsamo dei giardini mischiati con foglie di acetosella.

L'azalea è la regina della primavera, ma l'azalea reale che fiorisce prima di metter le foglie, è l'araldo della primavera. I coreani sono sempre stati appassionati di azalee reali: è infatti menzionata in un canto (hyangga 향가 ) che ci proviene dall'antico regno di Silla (신라 57 a.C.-935 d.C.), canto chiamato Hŏnhwaga (헌화가 ) o “canto dell'offerta di fiori”.

Una pianta di azalea reale fra le rocce

Un fatto curioso, legato alle azalee reali, avvenne infatti durante il regno del re Sŏngdŏk (성덕 r. 702-736) all'inizio dell'ottavo secolo. Il nuovo magistrato di Kangnŭng (강릉 ), Sun Chŏng-gong (순정공 ), si stava recando alla sua nuova sede quando, con il suo seguito, si fermò vicino al mare per consumare il pasto di mezzogiorno. Il gruppo notò cespugli di bellissime azalee reali in alto, sopra di loro, su una rupe scoscesa circondata da alti picchi come da un paravento pieghevole. La moglie di Sun rimase incantata alla vista dei fiori e disse ai servi che li voleva vedere più da vicino. Però nessuno aveva il coraggio di salire su quella ripida scogliera. Un vecchio, che accudiva alle sue mucche lì vicino, scalò la roccia, prese un mazzo di azalee reali e poi, offrendo i fiori all'illustre signora, cantò una canzone. Il fatto è narrato nel secondo volume del Samguk yusa (삼국유사 ), “Memorabilia dei Tre Regni”. Questa potrebbe essere la prima poesia che ha relazione con i fiori mai registrata nella storia coreana, a ricordo di un fatto molto particolare, dal momento che gli attori principali erano una bella donna e un vecchio vaccaro.

Il calamo aromatico (Acorus calamus), o giglio giallo, così amato dalle donne coreane, è associato alla festività del Tano (단오 ), quinto giorno del quinto mese lunare. In passato le ragazze gareggiavano nel raccogliere i fiori del calamo aromatico dal momento che si credeva che lavare i capelli in acqua in cui fossero stati immersi quei fiori li avrebbe mantenuti robusti e lucenti. La gente comune coltivava i calami aromatici nel proprio giardino perché pensava che fare il bagno in acqua in cui fossero stati immersi quei fiori li avrebbe mantenuti in buona salute. Le radici di questa pianta erano anche usate per farne dei fermacapelli ornamentali.

Una peonia

Forse non c'è un altro fiore che simboleggi in modo più vivace l'estate quanto la peonia. Perfino il sole brillante dell'estate sembra non riuscire a superare in splendore il fascino sensuale di questo fiore. Come tali, le peonie sono menzionate in un canto sciamanico (무가 ) della regione Hamgyŏng-do (함경도 ), che narra di Sakyamuni (il Budda storico) e di Maitreya (il Budda del futuro) che si stavano combattendo per il dominio sul mondo degli umani. Alla fine decisero di fare una gara in cui si sarebbe dovuto far crescere una peonia. Avrebbero dovuto piantare ciascuno una peonia, mettersi a giacere accanto ad essa e sarebbe stato vincitore colui a cui la peonia avesse raggiunto per prima le ginocchia. Quando vide che la peonia di Maitreya cresceva più rapidamente, Sakyamuni ruppe il gambo di quella pianta e la mise sul proprio ginocchio. “Perché hai rotto il mio fiore e l'hai messo sul tuo ginocchio?” - imprecò Maitreya - “Il tuo fiore sfiorirà in meno di dieci giorni e la tua pianta non vivrà mai più di 10 anni.”

Effettivamente, le peonie hanno vita breve e il poeta Kim Yŏng-rang (김영랑 1903-1950) descrisse la “disperazione” di osservare le peonie che appassiscono come una “tristezza gloriosa”. La peonia, così bella che Sakyamuni e Maitreya hanno combattuto su di essa per governare il mondo, resta fiorita per meno di dieci giorni.

Dolcini di fiori

I coreani hanno amato le peonie fin dai tempi del regno di Silla. Secondo quanto è riportato nelle registrazioni storiche, l'imperatore dalla Cina dei Tang inviò peonie a Silla nel 632 d.C., durante il primo anno di regno della regina Sŏndŏk (선덕 r. 632-647), mentre il famoso studioso Ch'oe Ch'i-wŏn (최치원 857-?) piantava peonie in vari templi buddisti. Anche il Samguk sagi (삼국사기 , Storia dei Tre Regni) riporta un episodio collegato alle peonie. All'inizio del settimo secolo, nel vedere un dipinto rappresentante delle peonie che la corte cinese Tang aveva mandato in dono con dei semi, la principessa che sarebbe poi diventata la regina Sŏndŏk disse: “I fiori sono belli, ma di certo non hanno profumo, perché il dipinto non mostra alcuna farfalla”. I semi furono seminati e, quando i fiori fiorirono, dimostrarono effettivamente di non essere profumati, e tutti si stupirono per la perspicacia della principessa.

Le peonie possono essere le regine dell'estate, ma il crisantemo è il gentleman dell'autunno perché i suoi boccioli iniziano ad aprirsi quando il tempo diventa freddo e comincia ad apparire la brina. Per i coreani è difficile immaginare l'autunno senza i crisantemi. I crisantemi selvatici che crescono liberi si presentano mesti e malinconici, come se racchiudessero in sé tutti i rimpianti di un anno che è ormai passato. Per gli antichi coreani il crisantemo simboleggiava la nobile dignità e integrità del dotto studioso virtuoso, il sŏnbi (선비). Ed ecco una poesia di Yi Chŏng-bo (이정보 鼎輔 1693-1766) che parla dei crisantemi.

국화()야 너는 어이 삼월동풍() 다 지내고O crisantemo, perché hai aspettato
fino a che il vento primaverile del terzo mese
낙목한천()에 네 홀로 퓌였는다fosse passato per fiorire tutto solo
quando le foglie cadono e il tempo volge al freddo?
아마도 오상고절()은 너뿐인가 하노라.

Forse tu sei l'unico la cui integrità fiorisce fieramente
senza soccombere alla brina.

Kang Hŭi-an (강희안 1417-1465, studioso e pittore) scrisse nel Yanghwasorok (양화소록 ), il primo libro di floricultura della nazione, che il crisantemo fu introdotto dalla Cina durante il regno del re Ch'ungsuk (충숙 r. 1332-1339) del regno di Koryŏ (고려 918-1392). Come viene descritto in un canto di Koryŏ, i coreani bevevano un liquore fatto con i petali di crisantemo, un'usanza originaria della Cina. Usavano anche i crisantemi per fare dei dolci, come solevano fare con le azalee. Il regno coreano di Paekche (백제 18 a.C.-660 d.C.) introdusse il crisantemo in Giappone.

Il maehwa (매화 ), l'albicocco giapponese, i cui fiori profumati fioriscono d'inverno, può essere definito “il fiore dei fiori”. L'elegante maehwa, che fiorisce nella neve nel cuore dell'inverno, è spesso associato ai princìpi impeccabili e all'integrità dei sŏnbi, i dotti studiosi virtuosi a cui si è accennato prima. I letterati solevano manifestare il loro ardente amore per una donna scrivendo poesie che pagavano un tributo al nobile carattere di questo fiore.

L'albicocco giapponese

Molte donne, affascinate dallo splendore dell'albicocco giapponese, in particolar modo le kisaeng (기생 cortigiane professioniste), usavano adottare la sillaba mae ( ) nel loro nome, come, per esempio, Sŏl Chung-mae (설중매 ), che una ditta di liquori ora usa come nome registrato per uno dei suoi prodotti.

Quando si parla dei fiori invernali della Corea non si può fare a meno di menzionare le camelie. Siccome fioriscono in inverno e presto in primavera, le camelie, assieme agli albicocchi giapponesi, sono state considerate fin dal più lontano passato un simbolo di integrità e di virtù. Le camelie rappresentano anche l'amore appassionato a causa dei loro fiori di un colore rosso brillante.

Una camelia

Le donne coreane in passato si ungevano i capelli con olio di camelia, che veniva anche usato per le lanterne. Nella canzone di successo “Torna al porto di Pusan”, che divenne anche popolare in Giappone, il cantante Cho Yong-pil canta dell'isola delle camelie in fiore, che simboleggia una terra felice. Ma vi sono state anche altre canzoni che hanno parlato della bellezza dei fiori in senso simbolico.

Molte poesie e canzoni del periodo coloniale giapponese (1910-1945) narrano l'angoscia di chi dovette abbandonare la propria terra natale per trasferirsi in luoghi lontani. La canzone “Pongsŏnhwa” (dove 봉선화 è la piantina “Noli me tangere”, Impatiens nolitangere) è tipica delle liriche che riflettevano le sofferenze del periodo coloniale. Questa canzone comprende anche un verso che dice: “O piantina di Noli me tangere che stai sotto la recinzione, quanto sembri desolata!”. Sia i versi, che la melodia di questo canto trasmettevano la tristezza dell'aver perso la sovranità nazionale. Siccome questa canzone infondeva una grande tristezza nei coreani che l'ascoltavano, le autorità coloniali giapponesi la proibirono.

La rosa altea o ibisco (Hibiscus syriacus), chiamata mugunghwa (무궁화 ) in coreano, è il fiore nazionale della Corea. Non fu mai proclamata ufficialmente dalle autorità come fiore nazionale e nessuno insistette che fosse designata come tale, ma i coreani hanno considerato la rosa altea come loro fiore nazionale fin dalla fine del 19º secolo. Prova di ciò è nella frase dell'inno nazionale coreano che dice: “La rosa altea, gli splendidi fiumi e monti per tremila li” (무궁화 삼천리 화려강산).

La rosa altea o ibisco,
fiore nazionale della Corea

La coltivazione della rosa altea in Corea risale a più di duemila anni fa. Un passaggio nel Sanhaegyŏng (산해경 ), un testo di geografia pubblicato in Cina durante l'epoca degli Stati guerreggianti, riporta: “Nella terra dei gentiluomini vi sono rose altee che fioriscono di mattina e appassiscono alla sera”. Lo studioso Kang Hŭi-an (a cui si è accennato prima) nel suo libro Yanghwasorok notava che “i coreani coltivavano la rosa altea da quando Tan'gun (단군 ) fondò la nazione”. In effetti, la Cina e altre nazioni hanno per lungo tempo citato la Corea come “la terra delle rose altee”. Ma anche la stessa Corea a quel tempo definiva se stessa come “terra delle rose altee”.

In un messaggio scritto all'imperatore della Cina Tang su ordine del re, Ch'oe Ch'i-wŏn di Silla avvertiva: “La terra delle rose altee (Kŭnhwahyang 근화향 槿, termine che qui indicava Silla) è modesta e prudente, ma Kosiguk (termine che indicava Parhae 발해 , un regno vicino) sta diventando sempre più belligerante.” Questo riferimento alla Corea come la terra della rosa altea, stabilisce effettivamente tale fiore come fiore nazionale già nel nono secolo.

La rosa altea veniva anche usata nella corona di fiori che il re conferiva allo studioso che otteneva il posto più alto negli esami statali per l'ufficio di livello superiore durante il periodo Chosŏn (조선 1392-1910). Gli invitati che prendevano parte ai banchetti che erano onorati dalla presenza del re decoravano il proprio cappello con la rosa altea.

I fiori di mugunghwa si aprono all'alba, cominciano a chiudersi nel pomeriggio e poi cadono a terra verso il tramonto, con il proprio ciclo di un giorno che coincide con quello del sole. Questo ciclo giornaliero si verifica per circa 100 giorni dall'inizio dell'estate fino all'autunno. I fiori di mugunghwa inoltre cadono in modo netto: i petali si chiudono come un bocciolo e l'intero fiore cade intatto, in contrasto con altri fiori i cui petali si scoloriscono e cadono separatamente, sporcando i dintorni.

Il legame tra i fiori e le persone è molto forte. Per i coreani i fiori simboleggiano la vita stessa. In un canto delle sciamane dell'isola di Chejudo (제주도 ), la figlia di Myŏng Chin-guk, la dea delle nascite, permette la nascita di diecimila bambini al giorno, mentre tiene un fiore della proliferazione in una mano e un fiore della reincarnazione nell'altra.

Secondo alcune credenze popolari i fiori possono anche ripristinare la vita. In un altro canto delle sciamane di Chejudo, una concubina spinge una certa Yŏsan in acqua, dove annega. Ma poi questa ritorna in vita per merito dei suoi sette figli che la fanno rivivere grazie al “fiore della reincarnazione” preso dal giardino di fiori che la dea delle nascite usava per benedire i bambini. La donna si reincarna poi nella dea della cucina. Quel particolare giardino di fiori si dice che contenesse anche fiori che servivano a curare malattie delle ossa e della pelle. Oltre a ciò, Sim Ch'ŏng (심청 ), l'eroina di un racconto popolare che si getta in mare affinché il suo sacrificio permetta al vecchio padre di recuperare la vista, torna nel mondo dei vivi su un fiore di loto.

Ma i fiori permeavano davvero tutta la vita dei coreani, specialmente nell'antichità. La gente dell'antico regno di Silla paragonava ai fiori i giovani che si distinguevano. L'esercito dei fiori della gioventù, Hwarang (화랑 ), era un gruppo di giovani guerrieri che produsse numerosi ministri saggi, soggetti fedeli, famosi generali e soldati leali. Il capo di questi giovani guerrieri era noto come hwaju (화주 ), o “proprietario dei fiori”. Innumerevoli sono poi i detti popolari e i proverbi in cui entrano i fiori.


Basato su “Koreans & Flowers”, in Koreana, vol.16, n.2, estate 2002. Testo originale di Ki Gwang-eon. Ricerche storiche e bibliografiche dell'autore del sito. Pubblicato con autorizzazione della Korea Foundation, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: Koreana.

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© Valerio Anselmo