Usi e costumi coreani
pubblicato su “Noi, Cricci” - marzo 2006

Non è facile parlare della Corea agli italiani. Forse la Corea con cui gli italiani hanno maggiormente a che fare, a volte senza rendersene conto, è quella dei prodotti che da quella nazione arrivano in Italia, dai computer ai televisori, dai telefonini alle lavatrici, dalle automobili alle fotocamere digitali. È tutto un insieme di marchi famosi, quali Samsung, LG, Hyundai, Kia, Daewoo, che ammiccano sugli oggetti che noi acquistiamo e che usiamo con soddisfazione. Oggi la Corea è certamente anche tutto ciò, così come è grattacieli, autostrade, ferrovie ad alta velocità e centrali nucleari. Ma è questo il lato della Corea che maggiormente attira noi italiani?

Una tradizione millenaria

L'Estremo Oriente è per noi affascinante per le sue tradizioni, per gli usi e costumi diversi che ancora sopravvivono nonostante la “globalizzazione”, per i volti della gente, per la loro musica, per la loro antica civiltà, così diversa dalla nostra. Molti aspetti dei paesi estremo-orientali sono simili fra loro, ma ognuna delle nazioni di quell'area ha una sua connotazione particolare che la distingue. La Corea, fiera della propria identità nazionale, possiede un patrimonio culturale che, pur facendo parte della sfera di influenza estremo-orientale, ha alcune caratteristiche peculiari che la distinguono.

Antiche usanze

Molte di queste tradizioni risalgono a un lontano passato. Ad esempio, quando una signora coreana versa del tè nella tazza di un ospite di riguardo, lo fa tenendo la teiera con la mano destra e appoggiando la mano sinistra sotto l'avambraccio destro, quasi a sostenerlo. Oggi quest'usanza viene ancora rispettata nelle famiglie coreane più tradizionali, anche se il vero motivo di tale modo di fare si perde nella notte dei tempi.

Alcuni secoli fa, quando la Corea era ancora chiamata “regno eremita” per il fatto di essere una nazione chiusa agli occidentali, i vestiti indossati dalla gente non erano come quelli di oggi. In particolare gli abiti delle donne di un certo rango sociale avevano le maniche molto larghe, che, quando si versava il tè dalla teiera, avrebbero potuto ostacolare la manovra. Per questo motivo le signore, che si riunivano a chiacchierare e a prendere il tè, come gesto di cortesia verso le ospiti sostenevano la manica perché il tè che veniva versato nella tazza dell'ospite non si sporcasse toccando l'abito. Questo gesto di cortesia sopravvive ancora oggi, anche se ormai le maniche così larghe non si usano neppure più nei costumi tradizionali indossati nelle cerimonie.

La cortesia, in Oriente, è fatta di queste piccole cose, che distinguono la persona colta da quella comune e che fanno capire all'interlocutore quale sia il grado di rispetto che si ha verso di lui. Un'altra usanza tipica è quella di mostrare riguardo a una persona dando o ricevendo un cosa con le due mani, invece che con una mano sola. Un caso tipico è quello dello scambio dei biglietti da visita. Da noi non si usano molto i biglietti da visita, ma in Corea (e in tutto l'Estremo Oriente) sono usatissimi perché vi sono riportati quasi sempre gli indispensabili caratteri cinesi che costituiscono il nome della persona. Questi piccoli cartoncini da noi vengono dati all'interlocutore con una sola mano (sono così piccoli che sembrerebbe ridicolo porgerli con due mani!), ma in Corea questo gesto sarebbe considerato molto maleducato, specialmente quando il biglietto da visita viene offerto a una persona importante. E così, allo stesso modo, quando qualcuno deve ricevere il biglietto da visita da un altro, lo fa con le due mani, in segno di rispetto. Da che cosa derivi quest'usanza non è ben chiaro, ma forse è dovuta al fatto che si considera prezioso quello che si riceve da una persona importante e per questo motivo lo si deve tenere fermamente. Comunque, qualunque ne sia l'origine, questo è un gesto che distingue la persona ammodo dall'individuo trasandato e senza educazione. Naturalmente non a tutti si dà qualcosa con due mani: quest'attenzione è solo indirizzata verso i superiori o verso le persone che si considerano tali. Se un adulto consegna a un bambino un oggetto, lo fa con un mano sola (perché l'oggetto viene dato a un inferiore), mentre il bambino deve prenderlo con le due mani.

Un’altra usanza curiosa, ma ancora molto rispettata nelle campagne coreane quarant'anni fa, era quella che riguardava l'uso degli occhiali. Gli occhiali sono uno strumento usato generalmente da chi è in là con gli anni, e in Corea gli anziani devono essere sempre rispettati. Oggi i bambini che hanno difetti di vista portano (giustamente) gli occhiali anche in Corea, ma un tempo non era così. Chi vi scrive ha sempre avuto bisogno degli occhiali, fin da piccolo, ed ecco quanto gli è capitato nel 1967 in un remoto villaggio coreano. Come studente della facoltà di linguistica dell'Università Nazionale di Seul, due volte all'anno si andava nelle più sperdute zone del paese a fare ricerche sui dialetti, per registrare la lingua locale, prima che questa scomparisse. Un giorno, giunti in un piccolo villaggio di campagna, il nostro gruppo di studenti fece visita a un anziano letterato che era la persona più importante della zona. Questo signore ci ricevette nel suo studio, seduto a gambe incrociate sul pavimento foderato di carta, vestito con i simboli del suo grado, il cappello di crine di cavallo, l'abito da cerimonia, e così via. Ognuno di noi gli fu presentato e tutti noi, a turno, dovemmo fargli l'inchino formale che prevede che ci si inchini fino a terra, prima di sederci anche noi a gambe incrociate sul pavimento (soffice e caldo). Cosa importantissima per me fu che, per non essere scortese verso un anziano e per seguire l'usanza locale, dovetti togliere gli occhiali e non indossarli più fino a quando non fummo usciti dal suo studio. Questo episodio mi fa pensare ancora a quei momenti. Per tutto il tempo in cui ci intrattenemmo nel suo studio, lui non rivolse mai gli occhi verso di noi, fece qualche domanda al capo del nostro gruppo e poi parlò pacatamente di sé e dei suoi antenati, facendoci vedere alcuni vecchi libri che teneva accanto a sé. Il silenzio del pomeriggio estivo della campagna e l'atmosfera raccolta di quella stanzetta restano vivi nella memoria. A distanza di tanti anni, ricordo con affetto la sua figura e sono grato a quel nobiluomo per avermi permesso di assaporare un'atmosfera così tipica, così diversa dal nostro mondo frenetico e diversa anche dalla frenesia della Corea di oggi.

Molte sono le usanze di cui si potrebbe parlare, ma la scelta è difficile. Avremo ancora modo di sentirci e di conoscere altre curiosità di questo paese così diverso nelle sue tradizioni e nel suo modo di pensare. Chi volesse saperne di più, può visitare il sito www.corea.it dove troverà molte altre notizie in italiano su tradizioni e usanze del “paese del calmo mattino”.

Valerio Anselmo

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© Valerio Anselmo