Religioni e credenze popolari
pubblicato su “Noi, Cricci” - settembre 2006

In Corea, come da noi d'altronde, esistono ancora oggi credenze popolari molto antiche, che rivelano come l'indole della popolazione sia bonaria e con un fondo di innato umorismo.

Animismo

L'animismo è la prima e la più antica delle religioni popolari coreane. Secondo questa credenza popolare, che è molto personale e si occupa più dell'aldiqua che dell'aldilà, quasi tutti i luoghi o elementi della natura sono abitati da spiriti che devono essere rispettati. In particolare, nei villaggi di campagna esiste di solito un grande albero abitato da uno spirito che protegge gli abitanti e che ha il potere di influenzare i raccolti. Una volta all'anno per questo spirito viene celebrato un rito con offerte di cibo e bevande da parte dell'anziano più degno del villaggio. Fino agli anni 1960 la cerimonia si svolgeva di fronte all'albero e le offerte venivano deposte su un basso tavolo, quasi come un altare. Queste offerte venivano poi lasciate sul posto durante la notte e, se al mattino successivo erano scomparse (mangiate probabilmente dagli animali selvatici), ciò indicava che lo spirito aveva gradito il dono e che il raccolto sarebbe stato abbondante.

Lungo le strade di campagna si vedevano poi mucchi di pietre, e si pensava che anch'essi fossero abitati da uno spirito. Chi passava lì davanti faceva un inchino e gettava un sasso sul mucchio. L'idea era che, rispettando questo spirito, si sarebbe stati più sicuri nel cammino.

A proteggere il villaggio contribuivano poi anche i changsŭng, due tronchi d'albero piantati nel terreno al contrario, con le radici in alto, e su cui era scolpito un volto umano. I due alberi, che si trovavano posti sulla stradina che portava al villaggio, rappresentavano rispettivamente lo spirito femminile che governa ciò che sta sottoterra e lo spirito maschile che regna su ciò che sta sopra la terra, ed erano considerati un potente mezzo per evitare che nel villaggio penetrassero le malattie e le disgrazie. L'aspetto del volto di questi pali non era infatti per nulla rassicurante e serviva a spaventare gli spiriti cattivi che si fossero aggirati da quelle parti. Anche per gli spiriti dei changsŭng si teneva una cerimonia rituale per venerarli.

Accanto a queste manifestazioni di devozione verso oggetti o cose fisiche, vi erano una quantità di racconti interessanti, anch'essi legati all'idea che noi umani vediamo solo una parte della realtà, che invece è molto più complessa di quanto non sembri. Fra i molti racconti curiosi citerò qui solo la scoperta che anche fra le pietre vi sono maschi e femmine, e poi che esistono folletti, chiamati tokkebi, che combinano scherzi di ogni specie.

Stavamo camminando su una stradina polverosa in uno dei luoghi più inaccessibili della Corea, un luogo lontano dove non arrivavano né energia elettrica, né giornali, né automobili, né fertilizzanti chimici. Il vecchietto che incontrammo arrancava sulla stradina di tufo giallo e, quando iniziammo a chiacchierare, si dimostrò una vera fonte di racconti curiosi. Fu così che venni a sapere che, anche fra i sassi, ci sono i maschi e le femmine. Stavamo passando accanto a un muricciolo di pietre, quei muriccioli costituiti solo da sassi posti l'uno sull'altro, senza uso di alcun legante per tenere assieme le pietre. Era un muricciolo che mostrava i segni del tempo e, parlando di quel muro, il vecchietto disse che oggi non si sanno più costruire muri di pietre che durino nel tempo perché non si sanno più distinguere i sassi maschio dai sassi femmina. Secondo lui, questa era un'arte che era stata da tempo dimenticata. Solo se si conosceva il sesso del sasso, si poteva costruire un muro che durasse in eterno: bastava mettere i sassi a coppie, il sasso femmina sotto e il sasso maschio sopra, e questa coppia non si sarebbe più mossa per nessuna ragione.

Parlando poi con un altro vecchietto che ci aveva offerto una bevuta di liquore di riso a casa sua, scoprimmo che nelle campagne vagavano degli spiritelli burloni che amavano fare dei tiri mancini, specialmente in cucina. Il loro scherzo preferito sembra che fosse quello di far sì che il coperchio penetrasse nella pentola che era sul fuoco, in modo che fosse poi molto difficile tirarlo fuori. Mi parlarono poi anche di scherzi che i tokkebi facevano con le giare del kimchi, i cavoli in salamoia che si conservano per l'inverno. Quando chiedemmo se qualcuno di loro li avesse visti, ci risposero che questi spiritelli erano estremamente veloci e che, appena uno si voltava, scomparivano.

Sciamanesimo

Una religione venuta dall'esterno, in particolare dalla Mongolia, è invece lo sciamanesimo, ancora molto diffuso fra la popolazione coreana fino agli anni 1960. A differenza dell'animismo, questa religione possiede un suo pantheon, luoghi di culto e sacerdotesse professioniste chiamate mudang. Non era una religione molto sentita da parte della popolazione, ma generalmente si riteneva che, in certe occasioni, fosse necessario ricorrere ai suoi riti per propiziarsi gli spiriti più potenti. I riti sciamanici erano necessari in occasione di un matrimonio, o per accompagnare un defunto nell'aldilà (dando la mancia ai guardiani dell'Ade in modo che chiudessero un occhio), o in altre occasioni particolari.

Le cerimonie delle sciamane erano molto rumorose. I riti erano accompagnati da un'orchestrina di musica tipica, simile a quella delle fanfare di campagna, con pifferi dal suono acuto e penetrante e gong assordanti. La sciamana, agghindata con vestiti molto colorati e un cappello in testa, danzava e di solito chiedeva denaro a chi assisteva alla cerimonia. Le banconote che le venivano offerte le metteva nel nastro del cappello e offriva agli astanti un sorso del vino di riso che aveva prima dedicato agli spiriti della terra versandone un poco sul pavimento o fuori dal tempietto. Sul tavolino delle offerte, oltre ai dolci di riso non mancava mai la testa di un maiale che veniva infilzata con un piccolo tridente.

La cerimonia prevedeva la recita cantata di un lungo brano che la sciamana aveva imparato a memoria, senza mai trascriverlo: si trattava di vere e proprie epopee, chiamate muga in coreano. Questi canti sono oggi fonte di interessanti sorprese dal punto di vista linguistico perché, essendo stati trasmessi da maestra ad allieva solo a voce hanno dato luogo a variazioni curiose dovute al fatto che, ad un certo punto, il testo, ormai vecchio di secoli, non veniva più compreso e, per certi passaggi, si imparava solo più il suono delle parole, senza capirne il significato. Gli studiosi hanno così scoperto nelle muga parole di origine mongola che ormai da centinaia d'anni erano scomparse dal coreano parlato.

Le altre religioni e filosofie

In Corea non mancano le grandi religioni e filosofie: in ordine di introduzione il buddismo, il confucianesimo, il cristianesimo (soprattutto protestante), ma tutte queste non sono autoctone e sono entrate in Corea più tardi, insediandosi su un sostrato indigeno animistico. Il buddismo è in Corea da migliaia d'anni e in un periodo così lungo ha certo avuto modo di influenzare il pensiero della popolazione meglio delle altre fedi. Il confucianesimo ha avuto maggior forza in seguito, ma si tratta di una filosofia, più che di una religione. Il cristianesimo infine è stata l'ultima, in ordine di tempo, delle grandi religioni e la sua penetrazione effettiva è ancor oggi piuttosto relativa (ultimamente si vedono anche le prime moschee di religione islamica). Tutte queste religioni e filosofie, anche se molto diffuse, non sono però antiche quanto l'animismo e lo sciamanesimo, che restano così le prime e più radicate credenze religiose della popolazione coreana.

Valerio Anselmo

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