I rituali ancestrali Jongga e la cultura del cibo
(prima parte)

Questo articolo è estremamente importante per la comprensione della cultura dei clan in Corea e in particolare della complessa serie di riti che vengono effettuati nel corso dell’anno presso la casa della famiglia capostipite. Lo studio, che ha richiesto dieci anni di lavoro a Lee Yeun-ja, direttrice dell'Associazione Ulee per la cultura del tè, viene qui presentato diviso in due parti a causa dell’eccessiva lunghezza del testo che è stato tradotto integralmente. Questa è la prima parte dell’articolo.

Nota: Si tenga presente che il termine “clan” non ha nulla a che fare con il significato negativo che ha assunto attualmente in italiano. Il clan, in Corea, è un raggruppamento sociale su base gentilizia formato dai discendenti in linea maschile da un unico progenitore.

Nota: Cliccando su un carattere cinese studiato nelle scuole medie ne viene visualizzata la scheda.


I

l sistema coreano delle jongga (종가 ), o “famiglie capostipiti”, ha conservato bene le cerimonie rituali dei propri clan individuali, che comprendono il rispetto particolarmente preciso di rituali ancestrali. Grazie alla loro osservanza nei secoli, i rituali ancestrali sono stati un mezzo prezioso per mantenere e perfezionare la cultura del cibo tradizionale della Corea.

Nel dicembre del 1995 il sacrario Jongmyo di Seul fu nominato Patrimonio dell’umanità dall'UNESCO. Le tavolette mortuarie dei re e delle regine della dinastia Joseon sono venerate nel sacrario di Jongmyo, dove ogni anno a maggio vengono condotti dei riti ancestrali, secondo standard prescritti con rigore per quanto riguarda la musica rituale, gli abiti e le offerte di cibo. La Corea è l'unico paese dell'Asia Orientale che conduce ancora rituali ancestrali sui principi confuciani, cosa che attira un flusso costante di visitatori dai paesi vicini che un tempo rientravano nella sfera culturale del confucianesimo.

I sacrari delle famiglie capostipiti

Se Jongmyo, il sacrario della dinastia Joseon, è riverito come sito in cui si eseguono i riti ancestrali, allora i sacrari delle famiglie capostipiti (jongga) dei clan individuali, che si trovano sparsi per tutta la Corea, possono essere perfino più significativi perché sono attaccati alle case dove i discendenti dei clan continuano a vivere. Le case delle famiglie capostipiti di oggi si trovano dislocate in villaggi di singoli clan fondati da loro lontani antenati vissuti 400 o 500 anni fa, dove le tradizioni antiche restano vive, com’è evidenziato dal numero di case di stile tradizionale. Per i riti in memoria degli antenati le cui tavolette mortuarie sono custodite nel sacrario di famiglia, il protocollo richiede che si prepari una varietà di cibi e che si indossino degli abiti rituali. Dopo i riti ancestrali, il cibo rituale viene condiviso con i vicini, come gesto verso la comunità da parte della famiglia capostipite. In passato, quando i coreani ordinari lottavano per sbarcare il lunario, il cibo rituale era una fonte di nutrimento di cui si aveva veramente bisogno, oltre che servire a sviluppare la cultura del cibo della Corea.

Durante una storia continuata per 2.000 anni, dal periodo del Tre Regni (I secolo a.C. - VII secolo d.C.) ai regni di Goryeo (918-1392) e Joseon (1392-1910), i riti ancestrali non sono stati dominio esclusivo della famiglia reale e della classe aristocratica, ma una specie di cerimonia nazionale che era anche a beneficio della gente comune. Inoltre, in linea con una prospettiva che i rituali ancestrali sono un'estensione del concetto di pietà filiale, è ancor più significativo che questo retaggio culturale inestimabile venga attentamente preservato.


Membri della jongga Choe di Gyeongju riuniti nella residenza del loro clan nella regione
Gyeongsangbuk-do per i riti ancestrali del loro stimato antenato, il generale Choe Jin-rip.
Si notino i tavolinetti individuali e il fatto che tutti, seduti direttamente sul pavimento,
sono intenti a consumare il pasto quasi cerimonialmente, senza parlare.

Tipi di rituali ancestrali

Per i coreani i rituali ancestrali e la famiglia capostipite sono la stessa cosa. Di conseguenza, ogni famiglia che non celebri fedelmente i rituali ancestrali non può essere chiamata jongga. Nel corso di 10 anni l’autrice dell’articolo ha condotto ricerche e interviste su 120 famiglie capostipiti con 490 questionari. Sono state contattate solo le famiglie con un discendente sopravvissuto che mantiene il sacrario di famiglia perché si cercava di documentare gli aspetti delle famiglie capostipiti mediante i discendenti diretti.

Nel corso dell’anno la famiglia capostipite effettua un certo numero di rituali, ciascuno indicato con il proprio nome. I rituali base comprendono un rituale annuale, condotto alla vigilia dell’anniversario della dipartita di un antenato, un rituale commemorativo effettuato la mattina del capodanno lunare e nella festività della luna del raccolto, e un rituale della tomba tenuto nel luogo della tomba dell’antenato. Inoltre, vi è anche un rituale della “tavoletta ancestrale inamovibile”, che viene tenuto per commemorare un antenato lontano che è stato encomiato per i suoi contributi straordinari al benessere della nazione o del suo clan. In questo caso viene fatta un’eccezione alla pratica di conservare in casa solo le tavolette delle precedenti quattro generazioni, per cui la tavoletta mortuaria di questo personaggio illustre è custodita in permanenza nel reliquiario.

Nella zona di Andong della regione Gyeongsangbuk-do, dove la cultura confuciana è ancora profondamente rispettata, sono considerate vere famiglie capostipiti jongga nel senso stretto della parola solo le famiglie che effettuano il rituale della tavoletta ancestrale inamovibile. Vi è anche un rituale di venerazione, durante il quale la tavoletta mortuaria del figlio più anziano della famiglia viene posta nel sacrario della famiglia, assieme a quelle dei suoi antenati, dopo un periodo di lutto di tre anni, e un annuncio rituale per rendere noto agli antenati del clan un particolare evento degno di nota.


Dopo che i membri della jongga Kim Hyo-ro del villaggio Gunja di Andong, nella regione Gyeongsangbuk-do, hanno raggiunto un accordo sui vari ruoli e i dettagli del rito ancestrale, viene preparata un’informazione scritta con le assegnazioni e le procedure specifiche.

Altre cerimonie comprendono un rituale delle nuove offerte, nel quale vengono presentate agli antenati le messi appena mietute, un rituale commemorativo della luna piena che viene effettuato nel giorno della prima luna piena dell’anno lunare, e il rituale della primavera per annunciare l’arrivo della primavera con dolci di riso speciali fatti con i petali dei fiori di azalea. Sono anche rituali importanti osservati dalla famiglia capostipite il rituale del Dano, per il quale vengono preparati dei dolci di riso con una pianta fiorita simile alla margherita dei campi, chiamata surichwi, e ponce di ciliege, e il rituale Chilseok nel settimo giorno del settimo mese lunare, per il quale vengono preparate tagliatelle fatte con il raccolto di granaglie della stagione. Oltre a questo, viene tenuto un rituale nel decimo mese del calendario lunare in ringraziamento per il raccolto, e in occasione del rituale del solstizio invernale viene preparata una minestra di fagioli rossi. Nel primo mese dell’anno lunare c'è un rituale per appagare gli spiriti della casa in modo da assicurare pace e armonia nell’abitazione.

Le famiglie capostipiti officiano ogni anno almeno 30 rituali ancestrali e stagionali, e in certi casi questo numero può salire fino a 50. Come risultato di questi numerosi rituali, sono stati mantenuti in vita aspetti fondamentali della cultura antica della Corea, cosa che dà ai coreani un senso di orgoglio culturale e della propria identità profondamente radicato.

Il protocollo dei rituali ancestrali

Nel cuore della jongga si trova il capo della famiglia e sua moglie. Le responsabilità del capo della famiglia comprendono la manutenzione appropriata delle tavolette mortuarie degli antenati, la conduzione dei rituali ancestrali e l’avere un figlio maschio per continuare la linea familiare. Se il capo della famiglia non ha un figlio suo, è usanza che la famiglia capostipite adotti un figlio per continuare la linea familiare. In particolare, il capo famiglia ha bisogno di un figlio che presieda ai rituali ancestrali, in accordo con le procedure richieste.

I numerosi capi di famiglie jongga intervistati dall’autrice dell’articolo continuano a svolgere il ruolo che la tradizione richiede loro, ad un livello piuttosto sorprendente anche nei nostri tempi moderni. Per esempio, alcuni dei capi famiglia non hanno un lavoro regolare, mentre sono completamente occupati dalle responsabilità della loro famiglia capostipite. Questo succede a causa della considerevole quantità di tempo e di lavoro necessaria per seguire fedelmente gli affari del clan ed effettuare i rituali ancestrali. Inoltre, devono essere molto competenti in genealogia per sancire la propria autorità come capi della famiglia di fronte a una corrente apparentemente senza fine di parenti del clan e di visitatori che fanno visita alla casa della famiglia capostipite.

Di fatto devono ricordare non solo l’ordine e i nomi dei loro antenati, ma quali cariche governative abbiano tenuto e quali azioni meritevoli abbiano compiuto. Solo chi conosca le molte storie dei propri antenati e capisca com’erano i tempi dei propri antenati sarà rispettato come vero capo della famiglia. I capi famiglia devono conoscere i vari luoghi in cui si trovano le tombe dei propri antenati diretti, con le date in cui si debbono officiare i rituali. Inoltre, devono anche essere in grado di leggere il cinese classico per poter decifrare i testi antichi, mentre molti di loro sono anche bravi come calligrafi. Devono conoscere i nomi, le parentele e le date dei rituali di tutti i parenti stretti perché si deve fare visita per porgere i propri saluti quando è necessario. Come tale, il capo famiglia ha bisogno di avere notevoli mezzi finanziari per soddisfare questi obblighi che non hanno mai fine.

Nel frattempo si dice che, per essere la moglie di un capo della famiglia jongga si deve essere nati con una forza di carattere eccezionale. Per la “first lady” di una famiglia capostipite, la difficoltà della vita di ogni giorno va al di là di qualunque descrizione. Ciò risulta evidente dal fatto che la vita della moglie di un capo di famiglia jongga si dice che consista “nel compiere i rituali ancestrali e nel ricevere gli ospiti”. Per la donna di una tale casa, l’esecuzione dei riti ancestrali e il ricevimento degli ospiti è molto più impegnativo del lavoro quotidiano che una normale donna fa nella propria casa.

Nella residenza della famiglia capostipite del clan Kwak di Heonpung ogni primavera arrivano vari autobus carichi di parenti. Anche dieci mani non sarebbero sufficienti per essere sicuri che a ognuno di questi parenti venga servita la quantità corretta di cibo e liquore. Anche se resta alzata tutta la notte per dozzine di volte all’anno per preparare il necessario per i rituali ancestrali e se resta senza mangiare mentre serve i parenti e i visitatori, ― ha detto la moglie di un capo famiglia jongga,― se dovesse rinascere ancora in questo mondo, sarebbe felice di fare ancora una volta tutto questo. E il fatto che abbia fatto sposare le proprie figlie con altre famiglie capostipiti, fa capire quanto sia orgogliosa di essere la moglie del capo di una famiglia capostipite.

In tal modo, la decisione incrollabile di questi capi famiglia e delle loro mogli, mentre adempiono diligentemente e dignitosamente il loro ruolo come capi dei propri clan, sempre considerando il “noi” (il gruppo familiare) e mai il “me” (se stessi), forniscono un modello esemplare per i moderni coreani piuttosto deboli di volontà. È la capacità di resistenza di queste nobili famiglie che ha permesso loro di portare avanti le proprie linee familiari da un figlio più anziano all’altro, risiedendo in molti casi in abitazioni tradizionali vecchie di secoli.


Tratto da “Jongga Ancestral Rituals and Food Culture” in Koreana, vol.24, n.1, Primavera 2010. Testo di Lee Yeun-ja, direttrice dell'Associazione Ulee per la cultura del tè. Foto di Lee Dong-chun e Seo Heun-kang. Pubblicato con autorizzazione della Korea Foundation, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: Koreana.

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© Valerio Anselmo