Kim Hae-ja
“Ogni punto deve essere perfetto”

L’immagine di un abito trapuntato è stata fornita nel 2000 nella sezione Abbigliamento tradizionale della pagina “Mostra dell’artigianato artistico coreano”, mentre alla signora Kim Hae-ja, specializzata in questi lavori, si è già accennato nel 2001. Non sarà inutile, a sette anni di distanza, parlare ancora, e più diffusamente, di questa artigiana-artista detentrice del prestigioso titolo di “tesoro nazionale vivente” per l’incredibile perfezione dei suoi lavori e per la dedizione di tutta la vita a una forma di artigianato tipico che andava scomparendo in Corea.

Nota: Cliccando su un carattere cinese studiato nelle scuole medie ne viene visualizzata la scheda.


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vestiti imbottiti, così come l’impuntura, cioè la tecnica di cucitura impiegata per la loro creazione, sono chiamati in coreano “nubi” (누비). Questi abiti vengono prodotti mettendo uno strato di materiale coibente, come il cotone, fra due pezzi di tessuto e cucendo il tutto a punti fitti. Siccome il cotone fornisce un isolamento termico, questi indumenti sono l’ideale per ottenere una buona protezione contro il freddo. L’impuntura era in passato usata per fare capi di abbigliamento imbottiti da indossare tutti i giorni, armature protettive per i soldati, indumenti per i monaci e trapunte per la notte. Ma, con l’arrivo delle moderne macchine da cucire, l’impuntura tradizionale, un tempo aspetto integrale del quotidiano in Corea, è in pratica del tutto scomparsa. Nonostante tale situazione, l’artigiana di questo tipo di confezioni Kim Hae-ja (김해자 ), designata “Importante bene culturale intangibile (중요무형문화재 ) numero 107”, titolo equivalente a “tesoro nazionale vivente”, rimane tenacemente attaccata ai metodi tradizionali del mestiere che ha scelto.

Storia degli abiti imbottiti della Corea

Normalmente per l’imbottitura si usava il cotone, ma talvolta questo veniva sostituito con la pelliccia di animali o con il cuoio, La prima traccia nota di un vestito con imbottitura di cotone fu scoperta nell’aprile del 1974 in una tomba del clan Lee di Gwangju (광주이씨 ). Nel giugno del 1981, sedici resti di vestiti imbottiti composti di cuoio senza imbottitura di cotone, furono estratti dalla tomba di Tamneunggun (탐릉군 1636-1731), un membro del clan Lee di Jeonju (전주이씨 ) del periodo Joseon (1392-1910).

Gli abiti imbottiti si dividono grosso modo in vestiti contro il freddo, armature protettive e indumenti religiosi. Nelle opere del pittore di stile folcloristico Sin Yun-bok (신윤복 ), del periodo più tardo di Joseon, i letterati e i cortigiani sono rappresentati in abiti trapuntati. Nei documenti del periodo Joseon che registravano il tipo e il numero di elementi utilizzati negli eventi di corte, vengono menzionati vari tipi di impuntura: omongnubi (오목누비 impuntura intercalare), napjangnubi (납작누비 impuntura di superficie) e jannubi (잔누비 impuntura fine).

Un esempio notevole di abito protettivo trapuntato è l’armatura indossata da un personaggio che si vede rappresentato in una pittura murale della tomba di Gamsinchong (감신총 ), che risale all’epoca Goguryeo (37 a.C. - 668 d.C.). Basandoci sulle linee di cucitura orizzontali e diagonali che si vedono sul vestito, si può affermare che, molto probabilmente, questo fosse trapuntato. Col tempo si sono creati anche un certo numero di accessori imbottiti, come armature ed elmetti confezionati con strati di cotone o carta, come protezione nei combattimenti e contro il freddo. I monaci buddisti indossano ancora oggi lunghi abiti trapuntati, e spesso i loro abiti risultano consumati dall’uso e rattoppati. Sembra plausibile che siano stati proprio i monaci buddisti ad adottare per primi gli abiti imbottiti, e che la gente comune abbia poi seguito l’usanza per la loro praticità e durata.

L’apprendistato e il successo di Kim Hae-ja

Nata a Gimcheon (김천 ) nella regione Gyeongsangbuk-do (경상북도 ), l’artigiana degli abiti trapuntati Kim Hae-ja imparò a cucire fin dalla prima giovinezza. Dopo la morte di suo padre, la famiglia si trovò in grosse difficoltà economiche e così sua madre si trasferì con i suoi figli a Seul. La famiglia viveva dei lavori di cucito che la madre faceva in casa e Kim imparò a cucire aiutando sua madre. Contemporaneamente frequentava una scuola di moda e cominciava a confezionare vestiti tradizionali coreani (hanbok 한복 ). Nel processo di apprendimento, venne a interessarsi particolarmente di abiti trapuntati, per cui cercò degli artigiani competenti che le potessero insegnare i segreti di quest’arte.

Kim sviluppò un attaccamento particolare alla tecnica dell’impuntura dopo i vent’anni, dopo avere incontrato Hwang Sin-gyeong (황신경), che aveva l’incarico di confezionare gli indumenti dei monaci del tempio Sudeoksa (수덕사 ). “Quando stavo imparando a confezionare gli indumenti dei monaci, mi apparve chiaro che questa era una specie di alta moda. Una pelliccia di visone era pesante, mentre in confronto questi abiti trapuntati erano leggeri e caldi, il che li rendeva molto funzionali. Quello fu il momento in cui decisi di usare gli abiti imbottiti per creare nuove mode.”, spiega Kim.

L’insegnante di cucito di Hwang era una monaca buddista chiamata Seonbok (선복), che era stata in precedenza dama di corte e aveva lavorato nel chimbang, (침방 ), il guardaroba del palazzo reale. In seguito al collasso dell’Impero dei grandi Han (대한제국 ), Seonbok divenne monaca di un tempio buddista dove le sue abilità nel cucito furono applicate alla confezione di indumenti buddisti. Seonbok insegnò l’arte del cucito a Hwang, che a sua volta la trasmise a Kim, in quello che sembrò come un evento predestinato.

Mossa dal desiderio di creare nuovi abiti trapuntati, Kim iniziò a confezionare vestiti coreani tradizionali imbottiti, oltre ad abiti formali trapuntati che furono presentati in una mostra. Con pochi esempi esistenti da cui imparare, i suoi sforzi nel riprodurre gli indumenti tradizionali procedettero per tentativi. Visitò tutti i musei in cui fossero in mostra abiti trapuntati per studiarne le tecniche tradizionali. E, così facendo, fece una notevole scoperta: scoprì infatti una tecnica, chiamata in coreano oltwigigi (올 튀기기), di cui non restava alcuna registrazione scritta.

“L’impuntura non riguarda tanto la creazione di abiti funzionali, quanto piuttosto un’espressione dei sentimenti del popolo coreano. È un’arte che richiede grande tenacia e perseveranza, ed è inoltre pura e diretta. Per eseguire questi lavori, si deve per prima cosa liberare la mente da qualunque preoccupazione e poi concentrarsi completamente.”, fa notare Kim.

Grazie alla sua completa dedizione, gli sforzi di Kim furono ricompensati alla 17ª Mostra artistica degli oggetti di artigianato coreano, tenuta nel 1992. Kim presentò un abito trapuntato con punti cuciti a intervalli di 0,3 millimetri, che ricevette il Premio del Primo Ministro, oltre a rivelare al pubblico le qualità artistiche dell’impuntura tradizionale coreana. In seguito, nel 1996, Kim Hae-ja fu riconosciuta come maestra di cucito della Corea, per cui ricevette il titolo di Importante bene culturale intangibile numero 107, a cui si è accennato prima.

Come si confeziona un abito trapuntato

Per fare gli abiti trapuntati Kim usa solo materiali naturali, sia per i tessuti che per le tinte. Per prima cosa, tinge la seta con materiali naturali, come la celidonia (Chelidonium majus), il legno rosso (Caesalpinia sappan) e il carbone di legna. “I colori che provengono da materiali naturali non si possono replicare in alcun modo.” – fa notare – “Le tinte naturali sono più salutari per chi indossa l’abito ed emanano anche una sottile fragranza.”

Per fare un vestito, il tessuto tinto viene tagliato in sezioni e si tracciano delle linee per segnare dove si dovranno cucire i punti. Il tracciamento delle linee non è necessario per un abito tradizionale coreano (hanbok) o per un vestito formale occidentale, ma per un abito trapuntato è utile per delineare la spaziatura fra le linee. Le linee sono poi cucite, un punto alla volta, tutto a mano. I tipi di abiti trapuntati si possono classificare in base alla spaziatura fra le linee: un intervallo di 5 millimetri-1 centimetro è usato per la cucitura fine (jannubi 잔누비), fino a 2,5 centimetri per una cucitura media (jungnubi 중누비) e fino a 5 centimetri per una cucitura ampia (deumunnubi 드문누비).

In questo processo si applica la tecnica oltwigigi: si tira via un filo dalla fine e poi il tessuto viene cucito lungo quella linea. In passato Kim tracciava essa stessa le linee, ma, quando riuscì a far rivivere questo metodo che era stato dimenticato per 100 anni, tutti cominciarono ad adottare questa tecnica per la sua comodità e accuratezza. Poi il tessuto viene tagliato per adattarlo a chi lo indossa, lungo le sezioni che dovranno essere imbottite di cotone. La quantità di cotone per l’imbottitura è regolata a seconda dello spessore desiderato per il vestito completo.

“Poi viene la cucitura definitiva. Per prima cosa imbastisco le aree che saranno imbottite. In tal modo le linee risulteranno diritte e spaziate a intervalli regolari.” afferma Kim. Dopo l’imbastitura inizia la vera impuntura. Ogni linea viene cucita tre volte, a cominciare con punti ampi lungo le linee imbastite. Viene poi ancora cucita e le altre parti completate in accordo con la funzione che l’abito deve soddisfare.

“L’impuntura con cucitura a mano è più calda e ha una miglior circolazione dell’aria rispetto agli abiti cuciti a macchina.” nota Kim. “È così robusta che i fili non si scuciono facilmente. In passato, i coreani mettevano molta cura nel confezionare gli abiti trapuntati per gli anziani che compivano i 60 anni, per i neonati, per i giovani che affrontavano gli esami di stato e per i soldati che venivano mandati in guerra. In questo senso un indumento trapuntato è molto di più di qualcosa da indossare, è una testimonianza dei sentimenti di chi lo confeziona.”

Una tradizione che si perpetua

“Le linee delle cuciture formano un disegno elegante, che è superiore a qualunque forma decorativa. È anche rappresentativo delle tradizioni culturali delle stanze riservate alle donne nella casa coreana.” – puntualizza Kim – “In molti paesi nel mondo si producono abiti imbottiti, ma questi sono diversi da quelli della Corea. Nella maggior parte dei casi la norma è quella di un’imbottitura parziale, e la stessa forma richiede abilità raffinate. L’impuntura coreana viene applicata sull’intera superficie, ma più che all’abilità tecnica viene posta un’enfasi particolare su una meticolosa maestria.”

La caratteristica più notevole dell’arte dell’impuntura tradizionale coreana è la sua combinazione di tecnica e di praticità. La pazienza e la perseveranza necessarie a fare degli abiti imbottiti sono anche un riflesso della più tipica caratteristica del popolo coreano.

Ultimamente gli abiti trapuntati della Corea hanno ottenuto notevoli riconoscimenti sulla scena internazionale. Al Gran festival internazionale degli abiti trapuntati, che si è tenuto a Tokyo nel 2002, i lavori di Kim hanno ricevuto grandi riconoscimenti per i colori sorprendenti e per il loro tessuto delicato. Inoltre, al Salone della moda e del tessuto, che si è tenuto a Wuxi ([무석] ), in Cina, Kim non solo ha potuto mettere in mostra i propri lavori, ma ha anche avuto l’onore di presentare una propria sfilata di moda coreana tradizionale.

È un sogno di Kim quello di promuovere sempre più quest’arte sulla scena culturale internazionale. A questo scopo tiene lezioni in varie università e insegna anche individualmente nel suo atelier. Convinta che sia una sua responsabilità la conservazione di questo aspetto del patrimonio culturale coreano, ha anche creato un istituto specializzato in questo campo.

“Voglio rendere nota l’impuntura tradizionale a quante più persone possibile.” – dice Kim Hae-ja – “Per confezionare un abito trapuntato si deve fare il vuoto nella propria mente e cucire ciascun punto con la massima concentrazione, cosa che contribuisce molto al proprio rasserenamento interiore. Desidero vivamente far conoscere ai giovani quest’arte, che può insegnar loro ad assumere un’attitudine più positiva verso la vita.”


Tratto da “Kim Hae-ja - Each and Every Stitch Must be Perfect”, in Koreana, vol.22, n.1, primavera 2008. Testo di Lee Min-young, fotografie di Joo Byoung-soo. Ricerche bibliografiche e su Internet a cura dell'autore del sito. Pubblicato con autorizzazione della Korea Foundation, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: Koreana.

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© Valerio Anselmo