La signora Foote e la regina Min


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icordando le spiacevoli esperienze del passato, i leader del regno di Chosŏn possono aver avuto delle serie riserve quando firmarono un trattato diplomatico con gli Stati Uniti nel 1882, ma la persistente sfiducia verso le potenze occidentali cominciò a sciogliersi rapidamente grazie all'amore appassionato verso la Corea dimostrato da una donna americana dotata di coraggio e di grazia.

Nel 1871, esattamente 10 anni prima dell'arrivo di questa donna nel regno di Chosŏn, il governo americano aveva ordinato alla propria marina di attaccare la Corea e aveva ucciso 300 difensori dell'isola Kanghwa male armati. La campagna fu iniziata in ritardo come rappresaglia per l'incendio della nave mercantile General Sherman che aveva navigato risalendo il fiume Taedong senza un permesso ufficiale e che era stata data alle fiamme da un gruppo di sbandati presso Pyongyang nel 1866.

Inoltre, un gruppo di europei guidati dal mercante tedesco Ernest Oppert si era avventurato in Corea e aveva depredato la tomba del nonno del re alla ricerca di tesori e dei resti della salma, chiedendo poi in riscatto concessioni commerciali alla corte di Chosŏn. L'azione piratesca del 1866 era stata finanziata dal mercante americano Jenkins.

E tuttavia, includendo nel trattato la promessa di aiuto vicendevole in caso di trattamento sleale da parte di terzi, gli Stati Uniti, la prima potenza occidentale a concludere un trattato con la Corea, furono presto in grado di calmare le preoccupazioni dei coreani e di vincere la piena fiducia della corte.

Il primo ambasciatore statunitente in Corea, Lucius Harwood Foote (1826-1913), arrivò a Seul nel maggio del 1883, ricevuto in modo cortese e ufficiale, e stabilì la missione diplomatica del proprio paese presso l'attuale residenza di Chongdong, dietro il palazzo Toksu.

La signora Foote nel palanchino della
regina Min, scortata dalla guardia reale.
Si noti quant'era piccolo l'abitacolo.

Ad accompagnare il diplomatico era sua moglie, Rose F. Foote, che in seguito svolse un ruolo diplomatico significativo – forse maggiore di quello del marito – nel conquistare il rispetto e la fiducia della corte di Chosŏn e della popolazione locale.

La vita e il servizio svolto dalla signora Foote nei due anni in cui visse in Corea sono descritti con vivacità nel libro “A Diplomat's Helpmate”, pubblicato nel 1918 da Mary V. Tingley Lawrence a San Francisco.

Il libro mette l'accento sul fatto che la signora Foote fu la prima donna occidentale a metter piede in Corea, forse per dare più significato al lavoro svolto dalla signora Foote. L'affermazione però non è del tutto esatta in quanto la famiglia del consulente tedesco Moellendorff del re Kojong si era stabilita a Seul alcuni mesi prima che arrivassero i Foote.

Secondo l'autrice del libro, la signora Foote prese parte alla missione pionieristica nonostante i seri avvertimenti da parte del governo degli Stati Uniti a proposito di pericoli sconosciuti per le donne straniere nel “regno eremita”. Allora il paese era instabile dal punto di vista politico e l'ammonimento era ulteriormente messo in rilievo dalla presenza della regina Min, che era spesso considerata come il potere nascosto dietro il trono.

Ben lontana dall'essere intimidita da questo ritratto del paese, la signora Foote decise di condividere le fortune e le avversità con suo marito e di dedicarsi a stabilire legami diplomatici amichevoli con la Corea. Si dedicò all'aiuto degli sventurati e dei poveri e offrì supporto ai giovani intellettuali coreani che avevano idee riformiste e liberali. Un certo numero di giovani nobili che erano stati educati in Giappone si riunivano spesso presso la legazione americana dove discutevano le idee e le ispirazioni occidentali con la padrona di casa.

Accadde in questo periodo un episodio che la mise immediatamente in luce. Un giorno un giovane coreano nella residenza dell'ambasciatore era stato intossicato dal monossido di carbonio che si era sprigionato dall'impianto di riscaldamento e stava per morire asfissiato. La signora Foote allora inserì un tubo nella gola del giovane e soffiò nei suoi polmoni fino a che questi non riprese conoscenza, salvandolo.

Questo episodio si sparse rapidamente di bocca in bocca nella città e presto raggiunse il palazzo reale assieme alle notizie di altre attività filantropiche svolte dalla signora Foote. La regina quindi la invitò a palazzo mandandole il suo palanchino e la scorta della guardia reale, e tenne un grande party in suo onore.

Questo rappresentava la fine della sfiducia verso gli occidentali da parte della coppia reale e l'inizio di un'amicizia sincera fra le due donne, che poi crebbe fino a diventare una fiducia reciproca durata per tutta la vita.

Il 4 dicembre 1884 l'ambasciatore Foote prese parte al banchetto per l'inaugurazione dell'Amministrazione postale della Corea, luogo in cui si tenne un colpo di stato. Nonostante il pericolo, l'ambasciatore restò sulla scena prendendosi cura dei conservatori morenti, fra cui uno zio della regina Min.

Durante i nove giorni in cui durarono i disordini, l'ambasciatore Foote aprì le porte della legazione americana agli oppressi e ai perseguitati, offrendo loro l'unico asilo politico disponibile fra le zone che godevano di extraterritorialità.

Ma dopo pochi giorni il gruppo dei conservatori riprese in mano il potere grazie all'intervento delle truppe cinesi.

Le famiglie dei liberali, compresi i figli e le mogli innocenti, in ritorsione furono condannate a morte, ma la signora Foote riuscì a salvarli supplicando la regina di evitare questa inutile crudeltà. L'episodio fece ancor più aumentare il rispetto della popolazione per l'ambasciatrice.

Ma l'ambasciatore americano fu richiamato in patria all'inizio del 1885. Nonostante le promesse di volersi ancora incontrare, la signora Foote e la regina Min non riuscirono a veder realizzato il loro desiderio: la signora Foote morì in California sei mesi dopo essere rientrata dalla Corea e la regina Min fu brutalmente assassinata dai giapponesi nello stesso anno, 1885.


Tratto da “The Queen and I”, in Korea Now, 13 gennaio 2001, pp. 66-67. Testo originale di Choe Yong-shik. Pubblicato con autorizzazione del Korea Information Service, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: “Korea Now”.

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