Shin Eung-su, restauratore di palazzi reali

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ll'interno della società coreana vi è un piccolo numero di individui che lottano per dare nuova vita ai logori edifici lignei e restaurare i beni culturali abbandonati. Una di queste persone, il mastro carpentiere Shin Eun-su, ha dedicato gli ultimi quarant'anni al restauro di edifici storici utilizzando i metodi tradizionali.

Le gronde di un edificio del palazzo reale
Kyŏngbok-kung mostrano quanto possa
essere raffinata l'architettura tradizionale

Fra la miriade di occupazioni che si riscontrano nel mondo, ve ne sono alcune che sembrano essere proprio fuori dal tempo. Un tipico esempio di queste è il mestiere che in coreano viene chiamato top'yŏnsu (도편수). Anche se con questo termine si indicavano storicamente i mastri carpentieri specializzati nella costruzione degli edifici dei palazzi reali e dei templi, oggi questa specializzazione verrebbe catalogata come una branca dell'architettura.

Durante il periodo di regno della dinastia Yi di Chosŏn (1392-1910) era usanza che il re conferisse un'alta carica governativa al mastro carpentiere responsabile della costruzione degli edifici dei palazzi reali e dei templi. Oggi, invece, questo è un mestiere così poco conosciuto, che, anche se nella società coreana moderna vi sono tuttora vari top'yŏnsu, ben poche persone sono consapevoli della loro esistenza.

Il più rappresentativo di questi mastri carpentieri dei tempi moderni è Shin Eung-su, che è stato riconosciuto come il più illustre in questo campo. L'eccellenza della sua preparazione è valsa a Shin la nomina a “Importante proprietà culturale intangibile numero 74”, un titolo che equivale a “tesoro nazionale vivente”.

Shin ha lavorato alle dipendenze di maestri prestigiosi, quali Lee Gwang-gyu, Importante proprietà culturale intangibile numero 1, Cho Won-jae e Choi Won-sik, che è stato l'ultimo carpentiere del periodo Chosŏn, responsabile del restauro del palazzo reale Kyŏngbok-kung (경복궁 ).

Attualmente Shin è il sovrintendente di un nuovo progetto di restauro, iniziato nel 1991, per lo stesso palazzo reale. “È stato per me un onore accettare la responsabilità del restauro di questo palazzo. Col tempo, però, mi sono reso conto che non è certo un'impresa da poco. La parte più impegnativa è quella delle ricerche storiche. Attualmente sto cercando di scoprire quali fossero le specifiche originali del Kyŏngbok-kung, facendo riferimento alle fonti più antiche.”

Il padiglione Nogŭmjŏng che si trova nel cortile
posteriore di Korea House, costruito da Shin

Restaurare significa rispettare esattamente il pensiero dell'antico architetto, e le ricerche storiche, che vengono portate avanti con la collaborazione di un gruppo di studiosi, lo costringono talvolta a interrompere il lavoro e a rifare certe parti cambiandone l'aspetto per adeguarlo a quanto si scopre nelle fonti storiche. Ma Shin non se ne lamenta e dichiara che non si deve pensare al guadagno personale quando si sta lavorando a un progetto di tale importanza storica.

Nato da una famiglia povera di Ch'ŏngwŏn, nella regione del Ch'ungch'ŏng-pukto, quando, a causa delle condizioni economiche della sua famiglia, non potè continuare gli studi, Shin andò a lavorare come apprendista presso un suo cugino carpentiere.

Qui incontrò Lee Gwang-gyu che aveva lavorato assieme a carpentieri specializzati nella costruzione dei palazzi reali. Da Lee egli apprese molte tecniche particolari, ma la persona che ebbe modo di insegnare a Shin i segreti e le tecniche di un vero carpentiere specializzato come top'yŏnsu fu Cho Won-jae, che era stato il maestro di Lee Gwang-gyu.

Il bel padiglione Kyŏnghoeru del palazzo reale
Kyŏngbok-kung, restaurato da Shin Eung-su

Shin si impegnò ad apprendere da Cho Won-jae le tecniche dell'architettura coreana tradizionale, che allora erano quasi state dimenticate. Fu sotto la tutela di Cho che Shin ottenne il titolo di pup'yŏnsu (부편수), cioè “assistente top'yŏnsu”. Cinque anni dopo, Shin veniva nominato maestro nel suo campo in conseguenza del restauro iniziale del tempio Pulguk-sa (불국사 ), cominciato nel 1970. Questo brillante risultato Shin lo raggiungeva quando non aveva ancora compiuto quarant'anni.

L'elenco dei grandi lavori effettuati da Shin è davvero impressionante. Nell'estate del 1970 collaborò al restauro di due importanti edifici del tempio Pulguk-sa assieme al maestro Lee Gwang-gyu. Nel 1975 lavorò al restauro della porta Changanmun della fortezza Suwŏn Hwasŏng e nel 1980 costruì la Korea House.

Nel 1982, poi, costruiva un importante padiglione della Casa Blu (sede degli uffici del presidente della repubblica). In quell'anno ricevette anche il premio presidenziale per servizi meritori per i suoi lavori di restauro della dimora reale nel palazzo Kyŏngbok-kung, un progetto che comprendeva il restauro di vari padiglioni. In effetti, sono pochi gli edifici del palazzo Kyŏngbok-kung sui quali egli non abbia lavorato.

Il legno è alla base di tutto il suo lavoro e la qualità del legno usato per le costruzioni ha la precedenza su tutto il resto. Fin dall'antichità, in occasione dell'abbattimento di un albero che doveva servire per la costruzione di un palazzo reale, si effettuava un rito speciale. Prima di cominciare il taglio, i taglialegna si rivolgevano all'albero e gridavano: “È per ordine del re!”. Questo rito si ripete ancor oggi per esprimere il rispetto del taglialegna per l'albero, vissuto centinaia d'anni, e per incoraggiare l'albero a cominciare una nuova vita come materiale da costruzione.

Gli alberi caduti vengono poi lasciati stagionare e infine sezionati nella misura richiesta dai piani di costruzione. Il legno viene poi tagliato e piallato per farne pilastri e travi maestre.

La sala Kangnyŏngjŏn nel palazzo Kyŏngbok-kung
era usata come camera da letto del re durante il
periodo della dinastia Yi di Chosŏn

Secondo Shin, gli alberi che meglio si adattano alla costruzione delle strutture lignee dell'architettura tradizionale coreana sono i pini. Il legno di pino è l'ideale perché è duraturo, non troppo rigido, e si rompe naturalmente lungo linee curve. Ma non tutti i pini vanno bene: quelli più adatti sono i pini rossi. Oggigiorno, però, in Corea è sempre più difficile trovare pini rossi di qualità e ciò è dovuto al fatto che, durante la Guerra di Corea (1950-1953), i boschi di pini subirono troppe devastazioni. Così, Shin viaggia in continuazione nelle riserve forestali del paese alla ricerca di materiale da costruzione di qualità.

“I palazzi coreani sembrano semplici perché sono costruiti a livello del terreno circostante, mentre i palazzi cinesi appaiono più imponenti perché sono costruiti su terrapieni. Ma la bellezza dei palazzi coreani sta innanzitutto nella forma particolare delle linee curve delle gronde.”

Il padiglione Munhyangnu, che si trova nel cortile
posteriore della Korea House, si armonizza
perfettamente con il paesaggio circostante

Shin è convinto che l'architettura dei palazzi reali debba servire come punto focale per l'architettura coreana tradizionale.

Ora, superati i 60 anni, Shin è ancora indaffarato a effettuare la supervisione dei vari lavori di costruzione. Con il restauro del palazzo reale di Kyŏngbok-kung, completato per circa il 60 per cento, la cui fine dei lavori è prevista per il 2009, Shin non ha il tempo di rilassarsi.

Anche se si potrebbe pensare che egli sia già sopraffatto dall'enormità di questo progetto in corso, Shin ha appena accettato un nuovo impegno che richiede la costruzione di una sala di preghiera principale nel tempio Taegwang-sa, a Pundang, nella regione Kyŏnggi-do. Questo padiglione a tre piani sarà così grande che la costruzione della sola struttura richiederà cinque anni di lavoro.

Shin intanto ha trovato il tempo di pubblicare, di recente un libro dal titolo “Come costruire palazzi che durino migliaia di anni”, in cui racconta le sue esperienze di lavoro in questo affascinante e impegnativo campo dell'architettura tradizionale coreana.


Basato su “Daemokjang Shin Eun-su”, in Koreana, vol.17, n.3, autunno 2003. Testo originale di Choi Tae-won, foto di Yi Il-sup. Ricerche bibliografiche dell'autore del sito. Pubblicato con autorizzazione della Korea Foundation, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: Koreana.

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© Valerio Anselmo