I movimenti Slow Food e Città Slow anche in Corea

La città di Bra in provincia di Cuneo (Piemonte), oltre a essere la mia città natale, è il luogo dove è nato il movimento Slow Food, che si contrappone al Fast Food, ed è la sede internazionale di tale movimento. Bra, con altri tre comuni italiani (Greve in Chianti, Orvieto e Positano), ha fondato anche il movimento delle Città Slow (Slow City), intese come città vivibili, a misura d’uomo. È quindi con molto piacere che mi accingo a presentare lo sviluppo di questi movimenti in Corea del Sud.


I

l primo gennaio del 2008 compariva sul giornale La Stampa di Torino un trafiletto che parlava di una delegazione di coreani in visita alla città di Bra. Una rapida occhiata al testo chiariva immediatamente il motivo per cui questo gruppo di delegati si fosse recato nella cittadina un tempo famosa soprattutto per le sue concerie (il cui “profumo” si sentiva a chilometri di distanza arrivando col treno). Oggi, grazie alle idee del braidese Carlo Petrini e alla sua invenzione dello Slow Food e poi delle Città Slow, questa sonnacchiosa cittadina sta diventando famosa in tutto il mondo e il suo modo di vivere serve da esempio ad altre comunità sull'intero pianeta, dal Nord Europa al Sudafrica, dagli Stati Uniti alla Corea.

Anche in Corea del Sud è arrivato Slow Food fin dal 2000. Essendo arrivato sette anni prima del movimento Città Slow, si è molto più diffuso dell’idea di Slow City. Oggi in Corea vi sono un certo numero di ristoranti che servono cibo “slow food”, anche se – a parer nostro – certi ristoranti di questa tendenza sembrano confondere lo “slow food” con la cucina vegetariana. In questo senso sembra infatti intenderlo una catena di ristoranti Bonjuk (il cui manifesto è illustrato qui a sinistra).

L’idea di cibo genuino sembra prevalere rispetto alla “lentezza” o “confortevolezza” di un pasto consumato con calma, gustando uno dei piaceri della vita in compagnia di amici. Cioè, la qualità del cibo (che naturalmente è un fattore importante per lo Slow Food) in alcuni casi ha il sopravvento rispetto alla piacevolezza del chiacchierare con i commensali. Forse questo è dovuto all’usanza coreana di considerare poco educato parlare durante il pasto, mentre fino a poco tempo fa era considerato educato e doveroso esprimere il proprio apprezzamento del cibo con rumori vari, considerati non altrettanto educati dalla civiltà occidentale. Oggi, purtroppo, la Corea (specialmente nelle grandi città) si è occidentalizzata anche in questo e la piacevole spontaneità del modo di mangiare coreano tradizionale è quasi del tutto scomparsa.

Ci sia permessa una breve digressione linguistica. Il termine “Slow Food” non è stato troppo gradito (come suono) da una parte dei coreani di una certa età, che non ne possono più di parole americane che vengono a inquinare la loro lingua. Nella pronuncia coreana non esiste il digramma sl (iniziale di Slow), così come non esiste la consonante f (iniziale di Food), mentre il suono l (elle) si verifica solo se è di lunghezza doppia. Inoltre le due parole inglesi, che sono formate entrambe da una sola sillaba, in coreano diventano forzatamente due parole di due o tre sillabe ciascuna. Ne consegue che la sillaba “slow” si trasforma in tre sillabe, una s con una vocale simile alla u seguita da un suono simile alla nostra doppia elle con la vocale o e un’altra sillaba formata dalla sola vocale u, mentre la sillaba “food” diventa una sequenza di due sillabe, una p aspirata con una vocale u, seguita un’altra sillaba formata da una d con una vocale simile alla u.

In effetti, la pronuncia coreana 슬로우 푸드 trascritto con seullou pudeu (o con sŭllou p’udŭ) non dice nulla alla maggior parte dei coreani. Sono quindi state proposte varie traduzioni più consone al carattere del loro idioma. Ecco in alfabeto coreano, con le due trascrizioni più comuni e la traduzione, le altre versioni del concetto di Slow Food:

  • 찬찬식 chanchansik (ch’anch’ansik) [un pasto calmo, curato],
  • 느루음식 neuru eumsik (nŭru ŭmsik) [un pasto che dura a lungo],
  • 느긋음식 neugeut eumsik (nŭgŭt ŭmsik) [un pasto rilassato, tranquillo],
  • 여유식 () yeoyusik (yŏyusik) [un pasto calmo, confortevole], la versione che alla fine è prevalsa sulle altre.

Le prime tre di queste proposte di traduzione erano formate da una parte in coreano puro con l’aggiunta della sillaba sik () di origine cinese (che significa cibo, pasto, mangiare), mentre la proposta che è risultata più gradita è formata da tre sillabe, tutte legate a ideogrammi cinesi.

La Corea del Sud si è fregiata negli ultimi anni dello slogan “Dynamic Korea” (Corea dinamica). Nonostante questo motto, una volta capito a fondo il concetto di Città Slow, anche in Corea sono state scelte e designate come “città lente” (Slow City) un gruppo di località dove si vive bene, sia dal punto di vista del vitto, che delle tradizioni locali e dell’ambiente naturale. Per essere ammessa nella rete di Slow City, una città deve avere un bell’ambiente naturale, aver conservato le proprie tradizioni, avere una sua tipicità locale e una popolazione di meno di 50.000 abitanti.

Le saline dell’isola di Jeungdo

La Corea è il primo paese asiatico a essere rappresentato in Città Slow. Il 4 dicembre 2007 quattro località coreane situate nella regione Jeollanam-do sono entrate a far parte della rete internazionale delle “Città Slow”, e precisamente l’isola di Jeungdo, i villaggi di Changpyeong-myeon e Yuchi-myeon e l’isola di Cheongsando. Il comitato di CittàSlow ha detto di aver incluso queste quattro cittadine nella rete per il modo in cui questi luoghi hanno meravigliosamente conservato il loro stile di vita tradizionale e lo spirito della comunità, a dispetto della rapida urbanizzazione e globalizzazione.

Le due isole hanno una popolazione che supera di poco le duemila persone, 2.179 per Jeungdo e 2.508 per Cheongsando. La prima nel giugno del 2007 è stata dichiarata “isola dei ciclisti” perché possiede 350 biciclette che si possono usare liberamente su tutto il territorio.

Una scena pastorale sull’isola di Cheongsando

Le saline dell’isola possiedono un deposito di sale in pietra, registrato come tesoro culturale, e il primo museo del sale della Corea. Ha anche un giardino botanico di piante alòfite (che vivono in ambienti salmastri). La seconda, invece, possiede un ricco patrimonio culturale di dolmen dell’età del bronzo e antiche capanne, oltre a usanze uniche relative all’agricoltura e alla pesca, come le donne tuffatrici-pescatrici.

Il primo dei due villaggi sulla terraferma, Yuchi-myeon (con una popolazione residente di 1.286 persone), produce fagioli di soia, salsa di soia e salsa di peperoncino rosso secondo i metodi tradizionali, mentre il secondo, Changpyeong-myeon (con 4.200 abitanti), è noto per la produzione di oggetti di bambù, come cestini e tappeti, e ha l’unico museo del bambù in Corea e un parco dei bambù. È famoso anche per i dolci tradizionali coreani e per i croccantini di riso.


Notizie tratte da varie fonti, in particolare dal sito del Korea Overseas Information Service (KOIS), Korea.net.

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© Valerio Anselmo