I templi buddisti coreani:
una concretizzazione di ideali


I

l Buddismo fu introdotto in Corea nel 372 d.C. e costituisce un importante pilastro della cultura coreana e della filosofia come principio di governo di alcuni antichi regni.

Una grata con immagini decorative scolpite

Oggi la fede buddista è una delle due principali religioni della Corea, con un totale di oltre un quinto della popolazione. Culturalmente i templi buddisti non sono da considerare inferiori a vere e proprie stanze del tesoro, dal momento che ospitano magnifiche pagode, eccezionali immagini del Budda e splendidi monumenti architettonici.

Di solito una visita a un tempio buddista non sembra avere altro scopo che passare piacevolmente un po' di tempo, senza porre attenzione ai fondamentali principi architettonici della costruzione del luogo.

Molto importanti sono le raffigurazioni e i disegni tipici

Ma, quando si ha un certo rispetto e un po’ di curiosità per le radici filosofiche della religione buddista, si può trovare che i templi offrono molto per l’arricchimento dello spirito dei visitatori, indipendentemente dal loro orientamento religioso.

L'idea di mantenere un monastero di una certa dimensione può sembrare contraria alla dottrina buddista che sostiene la rinuncia ai desideri del mondo e ai possedimenti mondani. Questi complessi religiosi sono però sorti in seguito alla necessità di facilitare le pratiche ascetiche dei monaci.

Un tamburo di legno a forma di pesce viene
percosso per la salvezza di tutte le creature del mare

I primi monaci in India girovagavano in cerca di illuminazione e per scopi di evangelizzazione. Di fronte alle minacce di frequenti allagamenti e della possibilità di uccidere insetti sulla strada (atto che suona come un anatema per la fede buddista), a un certo punto questi primi monaci indiani cominciarono a stabilirsi in un determinato posto. Continuarono a viaggiare da un luogo all’altro, ma scelsero di restare per tre mesi durante la stagione delle piogge in una località designata, che fu il primo tempio buddista, noto come “l'eremo del bosco di bambù”.

Da allora in poi, i templi sono serviti come sedi di abitazione collettiva e come luoghi per le pratiche religiose dei monaci. Sono stati costruiti per manifestare l'ideale terra del Budda in questo mondo e per aiutare a liberare lo spirito dai suoi legami terrestri e facilitarne l'ascesa al nirvana.

Un monaco colpisce con un grosso batacchio
di legno la grande campana del tempio per
salvare le anime di tutti gli esseri umani

Nel buddismo esistono tre tipi di templi, a seconda della loro posizione geografica: in spazi aperti, nel cuore delle montagne, o in grotte rocciose. In Corea la maggior parte dei templi costruiti durante i regni delle varie dinastie che si sono succedute si trovano oggi in luoghi nascosti fra i monti.

Siccome la dinastia Yi di Chosŏn adottò il confucianesimo e soppresse il buddismo, la comunità buddista si ritirò in aree montagnose isolate, focalizzando ulteriormente le proprie attività sulla tradizione meditativa Zen, piuttosto che sulla predicazione al pubblico.

La natura appartata del buddismo coreano fu inoltre rinforzata dal sentimento popolare di venerazione per la natura, così come dalla diffusa pratica della geomanzia o “pungsu”, che si riferisce alla propizia potenza naturale del vento e dell'acqua.

L'enorme tamburo diffonde nell'aria
i suoi profondi richiami che dovrebbero
dare l'illuminazione a tutti gli animali

Durante i periodi dei Tre Regni e di Koryŏ, fino alla fine del 14º secolo, la maggior parte dei templi furono costruiti in zone pianeggianti al centro di grandi città, per una maggiore propagazione della fede sotto il patrocinio dello stato. La maggior parte di questi templi pubblici furono però distrutti durante le invasioni straniere, che lasciarono dietro di sé soltanto gigantesche pietre angolari a segnarne l'esistenza, come nelle antiche capitali di Kyongju e Iksan.

Architettura

Tranne che per alcuni templi costruiti di recente in città, come il Chogye-sa nella parte centrale di Seul, la regola architettonica tradizionale del tempio buddista coreano richiede che prima del luogo più sacro vi siano tre grandi porte.

Considerando che il tempio è la rappresentazione del regno ideale del Budda in questo mondo, passare la soglia di una di queste porte ha un significato simbolico ben più importante che il semplice passaggio attraverso una delle porte convenzionali che delimitano semplicemente un'area geografica.

Le porte del tempio introducono le persone nel mondo illuminato del Budda dal mondo secolare della vita e della morte, del dolore e dei turbolenti desideri mondani. La porta più esterna, a volte posta a chilometri di distanza dalle altre porte e dalla sala sacra principale, viene chiamata “ilchu-mun”, che significa “Porta con una fila di pilastri”.

Un gong metallico a forma di nuvola viene
colpito per guidare al cielo tutte le creature alate

Il portale non presenta muri: è una semplice struttura il cui tetto viene sostenuto da pilastri posti su una o due file. Passando attraverso questa porta, i visitatori sono tenuti a raccogliere e unificare i loro pensieri sparsi e a formare nella loro mente un inflessibile rispetto al Budda.

La struttura della porta intermedia, chiamata “chonwang-mun” o “Porta del Re Celeste”, ospita quattro sculture lignee con un'espressione truce. Queste grandi immagini ostentano lunghe sopracciglia nere, grandi labbra rosse, denti aguzzi e occhi sporgenti e calpestano demoni con i piedi. Si crede che i quattro Deva, re dei demoni della tradizione popolare indiana, siano diventati discepoli del Budda per servire come guardiani delle quattro direzioni, Est, Ovest, Nord e Sud, nel suo mondo.

La porta Ilchu-mun del
tempio Pomo a Pusan

L’ultima delle porte che guida i visitatori nell’edificio del tempio principale è chiamata “puri-mun”, che significa “Porta Mai due”. Il significato simbolico è che non vi è che una verità propagata dal Budda. Dopo essere passati attraverso quest'ultima porta, i visitatori vengono accolti da pagode, lanterne di pietra, una grande campana e altri oggetti religiosi.

Alla sinistra della porta “Mai due” c’è un padiglione chiamato “pomjong-gak” che ospita quattro strumenti a percussione: una campana, un tamburo a botte, un tamburo di legno a forma di pesce e una piastra di metallo a forma di nuvola.

Durante le funzioni, la campana viene colpita per salvare le anime di tutta l'umanità, compresi coloro che sono già dannati all'inferno, mentre il tamburo serve per dare l'illuminazione agli animali. Le creature alate sono guidate al cielo dal suono della piastra metallica a forma di nuvola, mentre il pesce di legno viene percosso per la salvezza di tutte le creature del mare.

Uno dei quattro “deva” della porta intermedia, o Porta del re celeste

Di fronte all'edificio principale si trovano delle pagode che contengono i “sarira”, ovvero ossa incenerite del Budda o di santi buddisti. Nei primi tempi del buddismo queste reliquie umane venivano sotterrate in un tumulo di terra. In seguito questo luogo santo si è evoluto fino a impiegare materiale legnoso e pietra.

Le lanterne di pietra simboleggiano la saggezza del Budda, che illumina le menti delle creature della terra.

A differenza di altri edifici tradizionali, le finestre dell'edificio principale sono spesso decorate con disegni floreali intagliati. Nella tradizione buddista il fiore simboleggia la verità e l'illuminazione, e così passare attraverso queste porte decorate significa ottenere l'illuminazione.

La statua del Budda che è posta nell'edificio principale è fatta in modo da toccare la terra con la mano destra, segno che qui i demoni vengono allontanati e che in questo luogo si può raggiungere l'illuminazione. Il fatto che la mano sinistra del Budda è sollevata con la palma rivolta verso l'esterno significa che non vi è alcun timore nel rinunciare a se stessi e nel perseguire la salvezza.

Un’altra delle statue dei quattro “deva” della porta intermedia

Ci si può chiedere perché nei templi buddisti coreani vi siano così tante statue di Budda situate in diversi edifici. In effetti tutte quelle statue non rappresentano il Budda, ma diversi santi buddisti, di bodhisattva o di qualunque creatura che raggiunga lo stato di Budda dopo l'illuminazione.

Nel radicarsi in Corea nel corso dei secoli, il buddismo coreano ha fatto sue una quantità di superstizioni locali e ha incorporato vari sistemi teologici popolari, producendo un elaborato gruppo di divinità, di saggi, di bodhisattva e un nuovo concetto di paradiso e di inferno, come si nota spesso nei dipinti e nelle sculture buddiste coreane.


Tratto da “Foundations of Praise”, in Korea Now, 19 maggio 2001, pp. 30-32. Testo originale di Choe Yong-shik. Pubblicato con autorizzazione del Korea Information Service, che si riserva il copyright sull'intero contenuto della rivista. Riferimento: “Korea Now”.

Torna all'inizio della pagina
© Valerio Anselmo